In queste settimane di rallentamento nelle attività di produzione e commercializzazione di prodotti sul mercato ci si chiede quale effetto abbia l’emergenza sanitaria derivante dalla diffusione del virus Covid-19 sull’esecuzione in particolare di contratti a prestazioni corrispettive che siano, in qualsiasi modo, rese impossibili o decisamente più gravose per effetto dell’entrata in vigore di tali disposizioni.
Obiettivo di questo breve promemoria è quindi quello di affrontare alcuni aspetti delle dinamiche contrattuali, nella prospettiva offerta dal diritto italiano e da quello tedesco, grazie al supporto del nostro storico corrispondente, Studio Schuffels e Partners di Monaco di Baviera.
Nella prassi nazionale e internazionale, quando sono negoziati con la necessaria perizia ed attenzione, i contratti contemplano nella grande maggioranza dei casi specifiche clausole che disciplinano specificamente quali siano gli eventi di forza maggiore che escludono profili di responsabilità in capo alle parti e le conseguenze sugli effetti del contratto legate al protrarsi nel tempo di tale evento, attribuendo ai contraenti il diritto di sospendere l’adempimento e, ove tale sospensione superi un certo lasso di tempo, quello di recedere senza obblighi di indennizzo o ulteriore preavviso.
La rapidità nelle transazioni commerciali, l’organizzazione aziendale o le circostanze negoziali non sempre consentono di impostare in modo completo la disciplina di un rapporto contrattuale e i vari sistemi continentali europei prevedono, in modo diretto o indiretto, una regolamentazione generale alle situazioni non prevedibili, che poi vengono declinate in modo più specifico nelle leggi speciali, come avvenuto nei recenti decreti italiani in materia di contratti turistici. Si parla in questi casi di impossibilità sopravvenuta.
L’esplosione di una pandemia e tutta la normativa emergenziale costituiscono ipotesi che possono determinare l’inadempimento integrale o parziale di un’obbligazione per impossibilità sopravvenuta, cioè in seguito ad una situazione “non prevedibile al momento del sorgere dell’obbligazione che impedisca l’adempimento in modo tale da non poter essere superata con lo sforzo diligente cui il debitore è tenuto” (A. TORRENTE, P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, 2013, p. 417). L’evento infettivo pandemico che stiamo sperimentando, per le dimensioni, l’imprevedibilità, velocità e pericolosità, rappresenta in tal senso un caso “di scuola”.
Anche secondo il diritto tedesco l’impossibilità sopravvenuta coincide con un evento imprevedibile e inusuale, che non può essere evitato attraverso i normali mezzi, pur adottando la diligenza migliore possibile che ci si può attendere dalle circostanze (si veda sul tema il contributo del nostro corrispondente di fiducia in Germania SCHUFFELS RECHTSANWALTE, “News about Covid-19 as a case of force majeure”).
Ai fini di inquadrare questa fattispecie nella prassi internazionale è di grande aiuto l’art. 79 della Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di merci, ai sensi del quale la parte inadempiente di uno qualunque dei suoi obblighi non è responsabile qualora l’inadempimento derivi da “un impedimento indipendente dalla sua volontà e che non ci si poteva ragionevolmente attendere che essa lo prendesse in considerazione al momento della conclusione del contratto, che lo prevedesse o lo superasse, o che ne prevedesse o ne superasse le conseguenze”. Sebbene la formulazione sia diversa, rimangono costanti i termini “prevedere” e “superare”, azioni che il debitore inadempiente deve intraprendere “ragionevolmente”, cioè utilizzando la diligenza cui è ordinariamente tenuto (ancora SCHUFFELS, cit.). Peraltro, nei contratti internazionali, è solito inserire una clausola di forza maggiore che prevede, in caso di impedimento, la sospensione delle obbligazioni dovute reciprocamente dalle parti. Secondo l’opinione prevalente, in tali casi di impedimento rientrano tipicamente i disastri naturali e le epidemie (si veda SCHUFFELS, cit.).
Per valutare, quindi, la sussistenza di un’impossibilità sopravvenuta quale esimente di un eventuale inadempimento diventa decisiva la determinazione di quale sia il livello di diligenza a cui il debitore è tenuto per ovviare all’evento impeditivo.
Nella maggior parte dei casi i provvedimenti adottati dalla Pubblica Autorità per limitare la diffusione del virus non incidono tanto sull’oggetto della prestazione, quanto piuttosto sul tempo di realizzazione della stessa, determinando un’impossibilità solamente temporanea. Al riguardo, l’articolo 1256 del Codice Civile Italiano dispone che “il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento.” La prestazione risulta quindi ancora dovuta, ma il debitore non è responsabile per il conseguente ritardo.
Può succedere, tuttavia, che il ritardo si prolunghi sino a che (i) al debitore non possa più essere richiesta la prestazione o (ii) il creditore non vi abbia più interesse: queste circostanze determinanol’estinzione dell’obbligazione. In termini generali, e salve verifiche caso per caso, i medesimi principi valgono anche per il diritto tedesco di fronte ad un’impossibilità che diventa inevitabile anche utilizzando l’ordinaria diligenza (si rinvia ancora a SCHUFFELS, cit.).
Si badi che l’espressione “interesse alla prestazione” viene costantemente interpretata dalla giurisprudenza italiana più recente come la realizzabilità della finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto (si veda tra le più recenti Cass. civ., Sez. III, Ord., 29/03/2019, n. 8766, Cass. civ. Sez. III, 10/07/2018, n. 18047, Cass. civ. Sez. VI – 2 Ord., 04/05/2015, n. 8867, Cass. civ. Sez. I Sent., 02/10/2014, n. 20811): è importante quindi sottolineare che l’interesse alla prestazione non appartiene alla sfera soggettiva del creditore (altrimenti quest’ultimo, dopo aver semplicemente cambiato idea sul contratto, potrebbe nascondersi dietro la scusa della temporanea impossibilità sopravvenuta per ottenerne la risoluzione) ma rimane ben ancorato alla causa concreta del rapporto obbligatorio.
Quando invece, la prestazione è divenuta solo parzialmente impossibile, si applicano gli articoli del l’art. 1258 e 1464 del Codice Civile Italiano, in base ai quali il debitore può liberarsi dall’obbligazioneeseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile, mentre la controparte ha diritto (i) ad una riduzione della controprestazione dovuta ed altresì (ii) a recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale.
In conclusione, qualora l’attuale situazione di emergenza determini importanti difficoltà nell’esecuzione delle prestazioni bisogna preliminarmente valutare se sia o meno superabile con la diligenza cui il debitore è tenuto (ad esempio proponendo al creditore prestazioni o modalità di esecuzione alternative). Nel caso in cui l’impossibilità sia superabile, la prestazione è naturalmente dovuta sia nel caso di impossibilità temporanea che in quello di impossibilità parziale. Nel caso in cui invece l’impasse non sia superabile con l’ordinaria diligenza, bisogna chiedersi se il creditore abbia o meno interesse all’esecuzione tardiva o parziale della prestazione: in caso affermativo si procederà (i) ad un adempimento tardivo non imputabile al debitore nell’eventualità dell’impossibilità temporanea, (ii) ad un adempimento parziale nell’eventualità dell’impossibilità parziale; in caso negativo si potrà invece procedere con (i) la risoluzione del contratto nell’eventualità dell’impossibilità temporanea o (ii) il recesso nell’eventualità dell’impossibilità parziale. Resta comunque importante mantenere un costante contatto con la controparte contrattuale per risolvere al meglio eventuali difficoltà nell’adempimento.
Un simile ragionamento viene svolto anche nel diritto tedesco, laddove in presenza di un impedimento non c’è una automatica sospensione delle obbligazioni contrattuali, essendo necessario in più che tale impedimento sia inevitabile, cioè impossibile da eliminare usando misure ragionevoli. Di conseguenza anche nell’ordinamento tedesco è chiesto al debitore di tenere comunque una condotta volta a ricercare (di nuovo, per quanto ragionevole) misure alternative per adempiere alle proprie obbligazioni (ancora una volta si rimanda al contributo dell’avv. SCHUFFELS, cit.).
Ricordiamo comunque che ogni caso va valutato singolarmente, anche alla luce dell’art. 91 del Decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, ai sensi del quale sarebbe suscettibile di integrare fattispecie di impossibilità sopravvenuta l’ottemperanza alle misure di contenimento adottate con il D.L. 23 febbraio 2020, n. 6 e successive modifiche, che potrebbe quindi comportare, a discrezione dell’organo giudicante, l’esclusione della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.
Sotto questo profilo, i recenti provvedimenti adottati dalle autorità italiana nell’ottica di contenere la diffusione del c.d. coronavirus presentano degli inevitabili aspetti di ambiguità, che rendono impossibile affermare con certezza e a priori se una determinata situazione è qualificabile come forza maggiore o configura in ogni caso un’ipotesi di impossibilità sopravvenuta per l’adempimento della parte oblata. Infatti, nel tentativo di preservare, per quanto ragionevolmente possibile, le attività produttive, fermo il prevalente interesse di tutela della sanità pubblica, i provvedimenti del governo italiano hanno introdotto delle limitazioni (si pensi, su tutte, a quella relative alle trasferte prevista dal Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro) che lasciano dei margini interpretativi che non ne rendono univoca la lettura.
In quest’ottica, diventa indispensabile valutare sempre con attenzione l’applicazione della vigente normativa al singolo caso concreto, senza affidarsi a facili conclusioni dettate da esigenze di utilità o convenienza, che potrebbero non reggere a un più attento esame in sede giudiziale.